L’impiego delle tecniche di lotta biologica ha assunto ormai un ruolo ben consolidato. Si tratta di un insieme di metodologie che finalmente possono offrire soluzioni a portata di mano e che trovano il loro massimo utilizzo in contesti di agricoltura biologica e nell’ambito della produzione integrata, dove rivestono un ruolo fondamentale per approntare corretti piani di difesa delle colture.
Volendo cercare di definire meglio il concetto di difesa integrata (dall’anglosassone Integrated Pest Management- IPM) o produzione integrata, potremmo dire che la difesa integrata è basata sull’impiego di tutte le tecnologie disponibili per l’attuazione di razionali piani di difesa, tecnicamente ed economicamente compatibili con una corretta gestione delle colture, nel massimo rispetto possibile dell’ambiente dal punto di vista sanitario ed ecologico e, quindi perfettamente in linea con le direttive per un’agricoltura sostenibile;gli organismi utili e la lotta biologica in generale, dovrebbero costituire un’opzione prioritaria tra le possibili scelte tecniche.
I mezzi a basso impatto ambientale possono essere di diversa natura:
- semiochimici;
- estratti di origine vegetale;
- microbiologici;
- ausiliari (insetti ed acari utili)
Non si tratta di prodotti solo per l’agricoltura biologica ma oggi sono soprattutto prodotti biologici per l’agricoltura, che offrono una valida alternativa ai mezzi tradizionali; oltre il 90 % di questi viene impiegato in IPM convenzionale.
La soluzione
Ogni singolo problema fitoiatrico va, quindi, affrontato cercando la soluzione migliore tra le tecniche disponibili, ma sempre in una visione globale dell’agroecosistema, dove ogni intervento determina una risposta che ha aspetti positivi e negativi che possono aprire nuovi problemi: ogni singolo trattamento deve essere considerato e soppesato anche in relazione agli effetti che può determinare sulla globalità dell’agroecosistema. La difesa più razionale è quella che globalmente fornisce il maggior equilibrio e, dunque, tutti i mezzi che possono aumentare la risposta dell’ambiente sono da privilegiare.
Quando si parla di lotta biologica con insetti utili, i cosiddetti ausiliari, ci si riferisce convenzionalmente a macro organismi che comprendono acari e insetti predatori, Imenotteri parassitoidi e nematodi entomopatogeni.
Biofabbriche
Questi organismi utili vengono allevati nelle cosiddette biofabbriche che rispondono e ben precise caratteristiche:
- sono strutture per l’allevamento degli insetti con finalità di produzione massale di materiale biologico; – consentono di avere grosse disponibilità di individui per lanci inoculativi stagionali o inondativi che riguardano le singole realtà produttive e non necessariamente un intero territorio;
- generalmente sono gestiti da strutture private;
- hanno vincoli economici in quanto imprese che si pongono sul mercato
- vengono allevate anche specie dannose con lo scopo di ottenere un substrato per lo sviluppo o l’alimentazione delle specie utili;
- tendono a concentrare le produzioni su poche specie;
- forniscono materiale biologico con continuità ogni anno ed ogni ciclo culturale.
Le numerose specie, entrate nell’uso comune negli ultimi 25 anni, soddisfano, come nessun altro metodo di controllo, i requisiti che sono alla base di qualsiasi definizione di lotta integrata (IPM).
Basti citare alcune peculiarità:
- la specificità rispetto al target;
- la massima compatibilità ecologica ed ambientale;
- il totale rispetto della salute degli operatori e dei consumatori.
Un progetto
Nonostante costituiscano uno strumento di lotta consolidato da tempo, ancor oggi il ruolo degli ausiliari non ha una collocazione ben identificata anche rispetto agli altri metodi di difesa; nella maggior parte dei casi vengono impiegati come extrema ratio, ovvero quando non si sono trovate altre soluzioni valide (in sostanza quando non si sa più cosa fare) e, quindi, senza un progetto preciso di impiego. Solo le aziende più avvedute e lungimiranti ne hanno fatto uno strumento di costante impiego per il controllo dei fitofagi e, perciò, impostano, di anno in anno, piani di utilizzo razionali e non dettati dall’emergenza.
Le tecniche di impiego hanno ormai assunto un ruolo ben consolidato. Si tratta di un insieme di metodologie che offrono soluzioni a portata di mano e che trovano il loro utilizzo sì in contesti di agricoltura biologica, ma soprattutto nell’ambito di strategie di lotta integrata.
Con riferimento a questo secondo punto, va sottolineato che, negli anni, la migliore conoscenza delle tecniche e delle problematiche da parte di tutti gli operatori del settore consente ogi di operare su superfici maggiori, con un minore impiego di risorse umane.
Gli insetti e acari utili oggi a disposizione degli agricoltori rappresentano senz’altro un sistema di facile applicazione, che può fornire dei risultati molto soddisfacenti; consideriamo in particolare le colture in serra con ciclo relativamente lungo come peperone, pomodoro e fragola.
Vantaggi
I maggiori vantaggi derivanti dall’uso degli organismi utili riguardano:
- facilità di applicazione e manipolazione del prodotto commerciale;
- tossicità zero per gli operatori ed i consumatori;
- effetto che si protrae nel tempo (medio e lungo periodo);
- potenziamento delle capacità di risposta dell’ambiente;
- nessun tempo di carenza da rispettare (strategico per colture a raccolta giornaliera come cetriolo, zucchino e pomodoro);
- nessun problema di fitotossicità;
- nessun rischio di insorgenza di fenomeni di resistenza;
- nessun rischio di residui indesiderati sulla produzione.
Gli organismi utili attualmente sono commercializzati secondo due principali modalità:
1 – le forme mobili (ad esempio gli adulti di Orius laevigatus) vengono accompagnate a materiale disperdente racchiuso in bottigliette di materiale plastico o di vetro e confezionate per la spedizione in modo da non temere gli urti;
2 – le forme immobili (ad esempio le pupe di Encarsia formosa) sono contenute in bottigliette o incollate su appositi cartellini e sfarfallano successivamente all’introduzione direttamente nell’ambiente in cui vengono immesse.
In ogni caso il materiale è facilmente maneggiabile ed altrettanto semplice è la distribuzione; nel primo caso si tratta di spargere il materiale disperdente sulla coltura, o in punti di lancio stabiliti mediante l’impiego di appositi secchiellini, mentre i cartellini devono essere appesi alle piante in attesa che ne fuoriescano gli ausiliari.
Sono numerose le specie di organismi utili impiegate nelle tecniche di lotta biologica, ma non tutte rivestono la stessa importanza, anzi la maggior parte trova impiego solo in ben precisi e determinati periodi dell’anno e solo su colture specifiche.
Le specie di ausiliari più conosciute e commercializzate sono quelle deputate al contenimento dei fitofagi chiave delle colture orticole e floricole: tripidi, aleurodidi e ragnetto rosso.
Quando vengono utilizzate le tecniche di lotta biologica con l’impiego di organismi utili, gli operatori agricoli ne traggono un indubbio vantaggio dal punto di vista sanitario, essendo loro stessi i più esposti ai rischi di tossicità acuta e cronica a causa dell’impiego delle molecole chimiche di sintesi. Nel medio e lungo periodo si ottiene una migliore stabilità ecologica, ovvero le fluttuazioni di popolazione, responsabili delle infestazioni più pericolose per le colture agrarie, sono di gran lunga smorzate rispetto alle condizioni colturali dove gli organismi utili non sono valorizzati o non sono introdotti.
L’impiego corretto
Per un corretto impiego degli organismi utili occorre valutare attentamente le caratteristiche del fitofago, il suo livello di presenza e lo svolgimento del ciclo biologico così da organizzare al meglio l’introduzione del suo nemico naturale, sia in termini qualitativi (quando? come? perché?) che quantitativi (quanto? a che dose?).
È importante sottolineare che i “lanci” possono essere affiancati dall’impiego di altre tecniche, in una strategia di lotta integrata: trattamenti chimici “compatibili” con l’attività degli ausiliari introdotti e mezzi di controllo ad azione fisica (trappole per la cattura massale ed esempio). Queste tecniche diventano mezzi complementari per raggiungere risultati importanti nel breve periodo (abbattimenti di picchi di infestazione, contenimento di focolai localizzati ad alta densità), lasciando poi all’ausiliare il compito di lavorare nel medio e lungo periodo fino ad ottenere un equilibrio compatibile con le esigenze colturali.
Salta all’occhio che per distribuire organismi viventi o per valorizzarli al meglio occorre conoscere in prima istanza le condizioni climatiche in cui si lavora. Due fattori assumono allora particolare importanza: la conoscenza dell’andamento climatico dell’area di coltura quando si lavora in pieno campo e la scelta delle giuste caratteristiche strutturali delle serre per le colture protette. È anche vero che è possibile ovviare a condizioni non ottimali con interventi agronomici per correggere storture specifiche o temporanee; pensiamo ad esempio alla possibilità di intervenire con bagnature od ombreggiamenti delle serre per favorire l’attività dei fitoseidi (preferiscono temperature miti ed elevata UR) quando le condizioni ambientali sono caratterizzate da clima caldo – secco favorevole al ragnetto rosso. L’impiego degli organismi utili richiede un lavoro tecnico in campo, per valutare la presenza del fitofago ed individuare il momento migliore per il lancio. Vi è anche la possibilità di associare il lancio ad un precedente intervento chimico, avendo cura poi di osservare un tempo di rispetto tra l’esecuzione del trattamento e l’introduzione in campo dell’organismo utile; in questo modo possono essere “curate” velocemente condizioni di elevata presenza del fitofago.
Davvero molto interessante! Grazie