A molti addetti del settore ortofrutticolo è nota l’importanza della Turchia in questo settore, con ben 12 milioni di tonnellate di frutta prodotta ogni anno e circa il doppio di ortaggi. Imponente e in continua crescita è anche il valore delle esportazioni, attualmente a quota 4,5 miliardi di euro, di cui il 50% destinato ai mercati europei, soprattutto alla Germania.
Altrettanto nota è la sua incontrastata leadership mondiale nel settore della frutta secca, soprattutto nocciole, pistacchi, uva sultanina, albicocche e fichi secchi, mentre un po’ meno nota lo è quella sempre più crescente nel settore del pomodoro.
La Turchia non solo ha una produzione di ben 11 milioni di tonnellate di pomodoro, quasi il doppio di quella italiana, leader in Europa, ma detiene anche il primato del consumo pro-capite: 70-80 kg/anno a testa, dicono alcune statistiche, contro i nostri circa 40 kg che già, rispetto ai 15-20 kg massimo della media europea, sembravano un’enormità. Il pomodoro rappresenta dunque un settore strategico per l’economia turca, sia grazie alle esportazioni, sia perché è fondato su un solido mercato domestico.
Riguardo al pomodoro da mensa, è prodotto quasi tutto in strutture coperte, tunnel di plastica e serre in vetro, ubicate in gran parte lungo tutta la costa Sud che va da Antalya ad Izmir, passando per Kumluça.
Da novembre fino a giugno
Il clima mediterraneo, più mite di quello spagnolo o siciliano, consente ottime e abbondanti produzioni invernali, da metà novembre a metà giugno, mentre risulta assai difficile la coltura estiva, in quanto, fino a metà settembre, spesso si possono raggiungere temperature massime superiori ai 40 °C. Predomina in modo assoluto la tipologia tondo-liscio a frutto singolo, di pezzatura medio-grossa (150-200 g/frutto), in quanto soddisfa sia le richieste del mercato interno, sia le esportazioni verso la Russia, che hanno un notevole peso sul mercato turco.
Accanto alle tradizionali colture fredde su terreno, si sono molto sviluppate negli ultimi 5 anni, soprattutto nell’area di Antalya, anche le tecniche fuori suolo in substrato (principalmente fibra di cocco, ma anche perlite e lana di roccia). Nell’area di Izmir e Denizli, invece, dove sono disponibili abbondanti acque geotermiche ad alta temperatura (>80 °C), sono sorte serre di notevoli dimensioni, dotate di alta tecnologia di standard europeo e riscaldamento ad acqua calda.
Anche il livello qualitativo è in continuo miglioramento, grazie all’uso di ibridi sempre più evoluti, piante innestate, fertirrigazione razionale e difesa integrata, tanto che molte di queste moderne aziende possono vantare spesso vari livelli di certificazione (Iso, Global-Gap, Ifs e Brc).
Strutture avanzate e tecniche colturali adeguate permettono oggi anche produzioni ottimali di pomodoro a grappolo grosso (ramato) per l’esportazione, mentre specialità come ciliegino, datterino o mini-San Marzano risultano ancora prodotti di nicchia.
Logistica da migliorare
Problemi restano aperti sul piano della logistica: una visita al mercato all’ingrosso di Antalya ci ha permesso di verificare che produzione e distribuzione interna di ortofrutta in Turchia sono ancora assai lontane dagli standard europei.
Tra le carenze più macroscopiche segnaliamo: l’accesso incontrollato con mezzi di ogni tipo, l’uso di imballaggi pluri-riciclati e non igienizzati (abbonda anche la carta di giornale!), la quasi totale assenza di strutture refrigerate per lo stoccaggio.
Si tratta di una situazione in via di miglioramento: alcuni operatori, orientati anche verso l’export, ad esempio, dirottano immediatamente le produzioni migliori verso i propri moderni magazzini di confezionamento, oppure non le fanno passare affatto per i mercati generali; le autorità di controllo effettuano un ottimo monitoraggio di volumi e prezzi scambiati, con dati (credibili) disponibili anche su Internet, e hanno pure intensificato l’opera di prevenzione e repressione verso le frodi alimentari.